lunedì 22 novembre 2010

i fiori di piergiorgio welby


«je trouvai d'abord ceci. ce que la photographie reproduit à l'infini n'a eu lieu qu'une fois: elle répète mécaniquement ce qui ne pourra jamais plus se répéter existentiellement».

r. barthes, la chambre claire. note sur la photographie, cahiers du cinema – gallimard, parigi 2009, p. 15


sul blog di piergiorgio e mina welby – il calibano – compare una sezione dedicata ad alcune fotografie a loro modo commuoventi. gli scatti ritraggono prevalentemente ingrandimenti di fiori e insetti che denunciano, con i loro colori accesi, una vitalità estrema. le metafore sono evidenti: la bellezza della natura che si oppone alla brutalità dell'artificio, lo sbocciare della vita nel pieno della sua esultanza, la lotta per la sopravvivenza. tutto ciò che si lega all'idea di vita e quindi a quella di morte.

la fotografia è da sempre stata un'arte strana, così vicina alle persone, semplice da realizzare e utilizzare, così ricca di significati e di possibili speculazioni intellettuali. forse non è un caso se sul calibano compaiono proprio delle fotografie. la gioia del vivere si oppone a ciò che per barthes è lo spectrum, il soggetto della fotografia. di più: il ritorno del morto, «cette chose un peu terrible qu'il y a dans toute photographie», si ripresenta tramite il meccanismo artificiale dell'apparecchio fotografico proprio come la vita di piergiorgio welby si riproponeva ad ogni respiro del ventilatore polmonare che non gli permetteva di morire.

Le fotografie del calibano sono molto meno intellettuali di quelle floreali di kertész, di mapplethorpe, di weston e non possiedono nemmeno lo stesso rigore formale della fotografia macro professionale. eppure, riescono ad esprimere al meglio il senso del blog che le contiene. ecco che si ripresenta ancora una volta l'ambiguità della fotografia: anche gli scatti più ingenui possono caricarsi di significati inimmaginabili.

qui il blog di piergiorgio e mina welby, il calibano.

qui la sezione fotografica del calibano.

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