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venerdì 2 marzo 2012

da L'anno della lepre di Arto Paasilinna



Sull'automobile viaggiavano due uomini depressi. Il sole al tramonto, battendo sul parabrezza polveroso, infastidiva i loro occhi. Era l'estate di San Giovanni. Lungo la strada sterrata il paesaggio finlandese scorreva sotto il loro sguardo stanco, ma nessuno dei due prestava la minima attenzione alla bellezza della sera.
Erano un giornalista e un fotografo in viaggio di lavoro, due persone ciniche, infelici. Prossimi alla quarantina, erano ormai lontani dalle illusioni e dai sogni della gioventù, che non erano mai riusciti a realizzare. Sposati, delusi, traditi, entrambi con un inizio d'ulcera e una quotidiana razione di problemi di ogni genere con cui fare i conti.
Avevano appena finito di litigare per decidere se era meglio rientrare a Helsinki o passare la notte a Heinola. Poi non si erano più rivolti la parola. Ostinatamente chiusi in se stessi, attraversavano lo splendore di quella sera estiva immersi nei loro pensieri, la testa tra le spalle, senza nemmeno accorgersi di quanto vi fosse di squallido in quel loro correre. Viaggiavano indifferenti, stanchi.
Su una collinetta illuminata dal sole un leprotto tentava i suoi primi balzi e, nell'ebbrezza dell'aria estiva, si era fermato di colpo in mezzo alla strada, ritto sulle zampe posteriori: il disco rosso del sole lo incorniciava come un quadro.
Il fotografo, che era al voltante, lo vide sulla strada, ma il suo cervello intorpidito non reagì abbastanza in fretta da evitarlo. Una scarpa impolverata premette forte il pedale del freno, ma troppo tardi. L'animale, terrorizzato, spiccò un salto e andò a sbattere con un tonfo sordo contro un angolo del parabrezza, sparendo poi in un baleno nella foresta.
Ehi, abbiamo preso sotto una lepre, disse il giornalista.
Maledetta bestia, meno male che non ha rotto il parabrezza.
Il fotografo fermò e fece marcia indietro fino al punto dov'era accaduto l'incidente. Il giornalista scese dall'automobile.
La vedi?, domandò in tono antipatico il fotografo. Aveva aperto il finestrino, senza però spegnere il motore.
Cosa?, gridò il giornalista dalla foresta.
Il fotografo accese una sigaretta e si mise ad aspirare a occhi chiusi. Solo quando cominciò a bruciargli la punta delle dita si riscosse.
- Dài, andiamo, non ho tempo da perdere per una stupida lepre.

[...]

Vieni, dài! Non arriveremo mai a Helsinki se ti metti a vagabondare per la foresta! Ti arrangerai a tornartene da solo, se non ti spicci a venire.
Il giornalista non rispose. Teneva fra le braccia il piccolo animale. Apparentemente, oltre alla zampa, non aveva altre fratture. A poco a poco la bestiolina si calmò.
Il fotografo scese dalla macchina. Scrutò furioso in direzione della foresta, ma del collega neanche l'ombra. imprecò, accese una sigaretta, si mise a passeggiare nervosamente sulla strada. Dalla foresta sempre nessun segno di vita. Allora gettò via il mozzicone, lo schiacciò e gridò:
Restatene pur lì, idiota, ti saluto, va' al diavolo!

da Arto Paasilinna, L'anno della lepre, Iperborea, Milano 2001, pp. 15-17 (tr. it. di Ernesto Boella)